Ravvedimento Operoso

Il ravvedimento operoso è stato introdotto nel nostro ordinamento tributario nel 1990 e consiste in un istituto giuridico finalizzato al ripristino della legalità violata con dolo o colpa nell’ambito del pagamento delle imposte. Grazie al ravvedimento operoso, il contribuente può regolarizzare la sua posizione con il Fisco, versando non soltanto la somma dovuta, ma anche le relative sanzioni e gli interessi, decorrenti dalla data in cui era sorto l’obbligo non adempiuto fino al giorno del pagamento. Gli interessi sono calcolati al tasso legale, che dall’1 gennaio 2008 fino al 31 dicembre 2009 era pari al 3%, mentre era diminuito all’1% per tutto il 2010, risalendo all’1,5% per l’intero 2011 e al 2,5% per tutto il 2012. Nel 2014 risultava diminuito nuovamente all’1%, mentre per il 2015 è stato previsto un ancora più conveniente 0,5%.

Dunque, il ravvedimento operoso non è altro che un’autodenuncia del contribuente, che intende così mettersi in regola con il Fisco. Tale strumento, inoltre, risulta conveniente anche per lo stato, che da un lato ha la possibilità di incassare somme che vanta a credito e che magari non sarebbe mai in grado di riscuotere, essendo probabile che un’irregolarità gli sfugga. Al contempo, ciò evita il ricorso a numerosi casi di contenzioso tributario, che ingolfano la macchina amministrativa e si traducono in un costo per lo stato, oltre che a una forte dilazione media dei tempi di riscossione.

I tributi che possono essere regolarizzati con il ravvedimento operoso sono le imposte dovute a titolo di acconto o di saldo in base alla dichiarazione dei redditi, Irpef, Ires, Irap, addizionali comunali e regionali, l’IVA, imposta di registro. nelle locazioni quella dovuta per le annualità successive alla prima, l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale.

Le sanzioni risultano pari al 30% dell’imposta non pagata nei termini dovuti. Tuttavia, fino al 31 gennaio 2011, esse sono ridotte a 1/12, ovvero al 2,50%, se il pagamento viene eseguito entro 30 giorni dalla scadenza o a 1/10, pari al 3%, se il pagamento viene eseguito entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione. Se non è prevista normativamente la presentazione della dichiarazione, il termine ultimo è di un anno dalla data di scadenza non rispettata.

A partire dall’1 febbraio del 2011, le sanzioni applicabili risultano ridotte a 1/10 o 3%, se il pagamento viene eseguito entro i 30 giorni dalla scadenza prescritta o a 1/8, pari al 3,75%, se il pagamento è effettuato entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione, entro un anno, se non è prevista la presentazione della dichiarazione.

Esiste, poi, anche il cosiddetto ravvedimento veloce, che prevede sanzioni ridotte nella misura dello 0,2% per ogni giorno di ritardo, se il pagamento viene effettuato entro i 14 giorni dalla scadenza prescritta. In sostanza, se il ravvedimento avviene esattamente al quattordicesimo giorno dopo la data in cui era previsto il termine ultimo per il pagamento dell’imposta, il contribuente dovrà corrispondere al Fisco una sanzione pari al 2,8%. Dal quindicesimo giorno in poi, la misura della sanzione sale al 3%.

Con il tempo, proprio al fine di incentivare il contribuente a mettersi in regola con il Fisco, le sanzioni sono state sempre più ridotte. Si pensa che dal 1999 al 28 novembre del 2008, esse erano pari al 3,75%, se il ravvedimento avveniva entro 30 giorni e salivano al 6% dal trentumesimo giorno fino a un anno. Sono state ridotte rispettivamente al 2,50% e al 3% dal 29 novembre del 2018 al 31 gennaio del 2011 e dal febbraio del 2011 fino alla fine del 2014 al 3% e 3,75%.

Abbiamo detto che oltre alle sanzioni, il contribuente ravveduto dovrà versare anche gli interessi al tasso legale. Con la Risoluzione 22 maggio 2007, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il pagamento di questi ultimi va effettuato tramite l’F24, ma separatamente dal tributo a cui si riferiscono. I codici di tributo da utilizzare allo scopo sono i seguenti

1989 – Interessi sul ravvedimento Irpef

1990 – Interessi sul ravvedimento Ires

1991 – Interessi sul ravvedimento IVA

1992 – Interessi sul ravvedimento Imposte sostitutive

1993 – Interessi sul ravvedimento Irap

1994 – Interessi sul ravvedimento Addizionale Regionale

1995 – Interessi sul ravvedimento Addizionale Comunale

In base al D.Lgs n.472/1997, art.13 comma 1, il contribuente non poteva avvalersi del ravvedimento operoso, quando la violazione è già stata contestata dall’Amministrazione finanziaria, quando sono iniziati gli accessi, le ispezioni o le verifiche, quando sono iniziate attività amministrative di accertamento, di cui il contribuente o i soggetti obbligati in solido hanno avuto formale conoscenza.

Il ravvedimento operoso era consentito, invece, quando nonostante un atto di accertamento, al trasgressore non è stata notificata formalmente la constatazione. A partire dal 2015, invece, esiste una sola occasione che esclude il contribuente dal diritto di avvalersi del ravvedimento operoso: quando gli sia stato notificato un avviso di liquidazione o di accertamento. Quindi, anche se si è oggetto di un’attività ispettiva, egli potrà ugualmente ricorrere all’istituto per regolarizzare la posizione con il Fisco.